A Enna nel tempio della dea Cerere vi è nascosto un immenso tesoro
di Liborio Centonze ©
Le origini del culto a Cerere non si lasciano datare e si perdono nel buio della storia siciliana. La dea Cerere ed Enna esercitavano un fascino presso i siculi e i greci di Sicilia sia per l’imponente posizione geografica sia per i laghi e i fiumi che dall’alto della rupe si lasciano osservare. Non possiamo scindere la storia di Enna da quella del culto di Cerere perché, come avverte il Candurra, «il culto di Cerere ennese era diffuso non solo in Sicilia, ma in tanta parte del bacino del Mediterraneo, e a Enna convenivano le ambascerie e le offerte votive delle genti, così una fu inviata dal senato romano con ricche offerte per ingraziarsi la dea durante gli eventi calamitosi della seconda guerra punica, come narra Tito Livio».
Noi tralasceremo le varie tesi sull’origine del nome Enna, perché nulla abbiamo di certo: potrebbe derivare da una lingua siculo-punica En Naon ovvero fonte di tutti i templi, essendo la patria di tutti i culti siculi oppure Castrum Hamma ovvero luogo di fonti di acqua secondo la tesi di Janni Scuru. In ogni caso, tutti i nomi che gravitano attorno a Enna sembrano richiamare il concetto continuo di un tempio, trasformatosi col tempo in Jan o Giovanni. Gli arabi la chiamarono Casr’Janriproducendo la bizantina Castra Johannorum. Ma lo scrivente propende per il termine più remoto, relativo all’esistenza di un tempio; d’altronde è l’unico dato archeologico certo in nostro possesso. Infatti, Enna con il suo En Naon era il crogiolo di tutti i templi siculi esistenti sia nella Sicilia sicula che sicana.
Il tempio era ricchissimo e molti si chiedono dove siano nascoste tali ricchezze che da ogni parte del mondo affluivano nel “Tempio dei templi”. Se ci atteniamo alla storiografia del ‘600 e del ‘700 non dovremmo avere dubbi. Esso si trova nella rupe di Cerere mentre i tesori sono nascosti lungo lo strapiombo che si affaccia all’imbocco dell’autostrada Catania-Palermo, dove molti operai della forestale mi hanno riferito di avere rinvenuta una quantità eccessiva di monete.
La mia tesi ha il conforto del Fazello il quale, dopo avere affermato che il tempio non venne profanato dai “barbari”, così ne indica il luogo: «i forestieri e i barbari ebbero tanto rispetto, e tanta riverenza verso questo tempio, che al tempo di P. Pupilio e di P. Repinio Consoli, avendo i servi fuggitivi e i barbari occupata questa città e avendo nimicamente saccheggiato le ricchezze dei cittadini, il tempio tuttavolta di Cerere pieno d’oro, e ornato di gemme, non fu pur toccato da loro, ma per timor della dea non vi fu anche dato l’assalto, né appressatovi da persone. E oggidì in lui si vedono pochissime piccole e poche degne reliquie. Perché essend’egli in luogo precipitoso, in successo di tempo rovinò, insieme con la rovina, e caduta del monte. Era dinanzi al tempio di Cerere, posto nel piano, il tempio di Proserpina bellissimo e ornatissimo». I tesori del tempio si possono, quindi, ancora ricercare.
Enna, con il culto di Cerere, si collocava nel vertice di tanti triangoli fluviali segnati dallo storico Edrisi con lo studio di una “Sicilia a ventaglio” che vedeva dall’alto della rupe i fiumi Dittaino, Salso, Braemi, Simeto ecc…, distribuiti a raggiera. Il culto di Cerere non tramontò con i siculi ma continuò a essere vivo con il cristianesimo. I riti pagani si tradussero in riti cristiani e le divinità della fertilità e del grano si trasformarono in Madonne e Santi. Ricordiamo la Madonna di Enna, festeggiata il due di luglio, e San Filippo di Aidone.
La Madonna di Enna è la stessa Cerere festeggiata a maggio perché il calendario romano aggiunse Iulius (Luglio), a opera di Giulio Cesare, e Augustus (Agosto), a opera dell’imperatore Augusto. Sottraendo Luglio e Agosto ai dodici mesi dell’anno ritorniamo a Maggio e a Cerere; così come sant’Alessandro di Barrafranca che protegge il raccolto delle messi o la Madonna del Maio a Mazzarino.
Presenze di divinità femminili e maschili si alternano in Sicilia per ossequiare la loro progenitrice Cerere; l’elenco delle festività religiose di maggio si farebbe molto lungo nel campo etnologico siciliano. Basti menzionare Houel e Guy de Maupassant per capire come nel ‘700 le festività di Cerere erano ancora vive. Sesso e religione erano presenti in tali occasioni:
«Nelle campagne che circondano la città di Catania, i contadini celebrano, dopo la mietitura, una festa popolare, una specie di orgia in ringraziamento del buon dio… Questo popolo ama le feste ed è molto affezionato a quelle che è consuetudine celebrare: Cerere era la sua prima protettrice e, con l’avvento di un nuovo Dio, si sono mantenute le antiche usanze… Il popolo trasportato dalla gioia, commosso dalla devozione, confonde facilmente lo spirituale con il sensuale, e passa prontamente dall’amore celeste ad amori profani… Ma dove non succedono simili cose? Il clima soltanto vi apporta delle differenze».
Il culto di Cerere di Enna venne a determinare una vera emigrazione stagionale e a essa si associarono elementi di giurisprudenza legati alla determinazione della maggiore età e al matrimonio; non a caso i piedi della Triscele (raffigurazione della Cerere ennese) sono la traduzione egizia e geroglifica del verbo “andare”. Tale culto venerando susciterà le invettive di Cicerone contro Verre e affermerà la sacralità della città che ergerà a suo emblema il Triscele.
Via Sacra, un’escursione sotto la Rupe di Cerere
20 Aprile 2017pubblicato da: ora.siciliana in: Il sentiero siculo
Via Sacra
Un’escursione sotto la Rupe di Cerere
di Angelo Severino ©
Lasciata l’auto nell’apposita area di parcheggio, dalla strada statale 117 bis in contrada Baronessa, proprio davanti al bivio per Valguarnera, iniziamo l’escursione che ci porterà, dopo quasi due ore e mezzo di salita con una pendenza massima del 45%, alla Rocca di Cerere a 972 metri sul livello del mare. All’inizio del percorso troviamo la prima bacheca turistica che ci informa sul Sentiero della Via Sacra:
Diodoro Siculo racconta che i pellegrini provenienti da tutta la Sicilia giungevano nella valle alla base della Rocca, detta giardino di Enna. Salendo il pendio incontravano vari sacelli e altari sparsi lungo il percorso.
Il cammino che andava dall’attuale Grotta dei Santi fin su al tempio, saliva lungo un sentiero dove la roccia trasudava acqua e i pozzetti permettevano le funzioni votive di purificazione. Si proseguiva verso il tempio che sorgeva in cima ad una valle erbosa ricoperta di viole e altri fiori di molte specie degni della dea.
Dopo 2500 anni, i rover e le scolte del gruppo scout Enna 1, propongono questa antica strada al “pellegrino contemporaneo”.
La Grotta dei Santi
Dopo aver incontrato lungo la salita alcuni pozzetti di acqua e diversi enormi massi utilizzati come altari per le antiche divinità, tra cui la stessa dea Cerere, proseguendo lungo il sentiero della Via Sacra arriviamo in contrada San Calogero dove, nascosta tra gli alberi, vi è una casa semidistrutta nel cui interno c’è una grotta utilizzata da stalla dove si individuano affreschi raffiguranti Cristo e quattro santi, tra cui San Nicola identificato da una scritta.
Fino al 1970, anno in cui fu scoperta, la grotta è rimasta incustodita e utilizzata dai pastori sia come stalla sia come deposito sia come frantoio. Si presume che anticamente la grotta sia stata luogo intermedio di culto a Cerere, trovandosi a metà percorso dal vero grande tempio posto in cima alla rocca. Gli affreschi, invece potrebbero risalire a metà del XIV secolo, ai tempi dei Normanni.
In quel periodo, la devozione a Cerere era già finita e il due di luglio, nel mese in cui si raccoglie il grano, si festeggiava (e si festeggia) il giorno della “Visitazione della Santissima Vergine”. Di fatto, quell’antico santuario, all’interno della grotta di contrada San Calogero, fu smantellato da ogni cosa che potesse ricordare Cerere e affrescato con le immagini del Cristo, della Madonna, di San Nicola e di atri due santi.
AΡΧΟΣ/ΔΑΜ/ENNAIΩN e il Santuario di Santa Ninfa.
In qualche posto, lungo il pendio che sta sotto la rocca di Cerere, si troverebbe sepolto un blocco di pietra risalente al periodo greco di 2 metri per 1,60 che nel 1930 fu fotografato e descritto nel suo taccuino dall’archeologo Paolo Orsi che era andato a Enna durante una campagna di scavi proprio in questi luoghi. Sicuramente quella pietra sarà tutt’oggi ben nascosta sotto altri massi che nel tempo si sono staccati dalla roccia sovrastante. Su essa c’era scolpito AΡΧΟΣ/ΔΑΜ/ENNAIΩN, giardino degli ennesi.
Salendo sulla Via Sacra, incontriamo una profonda cisterna che anticamente serviva per irrigare i campi e ad abbeverare gli animali. E a ancora, proseguendo, a destra, ci fermiamo nello spiazzo del Santuario di Santa Ninfa dove si vedono alcune delle tante nicchie sacre che si trovavano sul lungo percorso prima di arrivare al tempio principale. In questo luogo fu poi costruita nell’era cristiana anche una chiesetta a Santa Ninfa.
Alla fine del lungo sentiero della Via Sacra, raggiungiamo la rocca di Cerere, luogo dove anticamente venivano celebrati i riti alla dea Cerere.